29 Ottobre: Moniywa - Sagaing - Mandalay

Un'altra tappa di trasferimento molto varia e interessante. La mattina visitiamo due complessi che danno una corretta misura di quanto possa fare l'ingenuita' culturale unita al gusto per il record. Sono entrambi luoghi iMonacelli buddhistinventati e costruiti recentemente, con dispendio notevole di energie e denaro, che stupiscono ma fanno certamente rimpiangere i pur iperbarocchi arzigogoli visti nelle Pagode precedenti, di cui sono forse trasposizione moderna. A pochi Km da Monywa, sulla strada per Mandalay, il suddetto gusto per la quantita', forse paragonabile ad una scorpacciata pantagruelica dopo decenni di fame, e' rappresentato dalla Thanboddhay (o Sambuddhe) Paya. Un complesso di edifici che la Lonelyplanet definisce a ragione carnevaleschi, per i loro colori pastello accesi e per la ridondanza scenografica, decorativa ed architetturale.

La caratteristica principale, da cui il complesso prende il nome, e' quella di accumulare, all'esterno ed all'interno, una quantita' spropositata di riproduzioni del Buddha, (il nostro Aung ci dice 5.280.000 o 5.800.000, non ho capito bene), ma il numero e' naturalmente solo indicativo in quanto la frenesia del record non ha limite, e gli interventi continui sulle decorazioni della pagoda lo incrementano incessantemente. Dopo pochi minuti di visita si e' quasi nauseati, e' come mangiare la nutella a mestolate dal barattolo gigante di Nanni Moretti... Per i locali naturalmente e' un'attrazione piuttosto apprezzata, ed infatti e' uno dei pochi posti in cui si paga un biglietto di ingresso...

Ancora pochi chilometri sulla strada per Mandalay ed eccoci alla seconda esplosione di kitsch della giornata. Su una collinetta ai cui piedi e' sistemato un giardino con un migliaio di statue di Buddha, tutte uguali, immerse nel verde (questo devo dire che non e' male come vista, guarda il video) si erge una costruzione sbalorditiva, imponente quanto inquietante: un Buddha di cemento alto 130 metri. Ai suoi piedi un altro Buddha, sdraiato, di 95 metri di lunghezza. Quello in piedi e' naturalmente il Buddha piu' grande del mondo, costruito per essere tale. Questo gusto del record gia' citato mi ricorda, mutatis mutandis, le manie di grandezza americane, unite alla stessa scarsita' di sensibilita' estetica, che genera eccessi come il Laykyun Setkyar (questo il nome del Buddha in piedi) o Las Vegas, o Neverland, la tenuta coPuteolenzen villa appartenuta a Michael Jackson ...

Il luogo si chiama Bodi Tataung, che significa Mille Buddha e si riferisce alle statue nel giardino. La statua di cemento e' in realta' un grattacielo a forma di Buddha, e si puo' visitare all'interno. L'opera internamente e' tuttora in costruzione, all'epoca della nostra visita si poteva salire fina al 16° dei circa 25 piani previsti, e gli ultimi piani che abbiamo visitato erano ancora in fase di sistemazione e rifinitura. Gli interni (vedi foto e anche video) sono riccamente arredati con statue, specchi, addobbi sempre molto vistosi. La cosa che colpisce di piu' sono gli affreschi murali, che con una ingenuita' fumettistica impressionante danno vita a scene di inferno o paradiso danteschi. In realta' dal poco che so i concetti di Inferno e Paradiso mal si conciliano con la filosofia buddhista, ma come ho detto da qualche parte, qui si vive un sincretismo religioso dificilmente spiegabile e un po' spiazzante. Alcune immagini sono di notevole crudezza, con profusione di teste mozzate, sangue etc, altre sono piu' comiche, come quella che rappresenta fumi evidentemente maleolenti sprigionarsi da vari orifizi corporali (punizione forse per troppe cene a base di aglio e fagioli?).

La visita al Laykyun Setkyar (questo il nome dell'enorme edificio) e' anche piuttosto faticosa, poiche' l'ascensore non e' ancora in funzione (e quando lo sara' mi pare comunque sottodimensionato rispetto alla quantita' di persone che visita questo strano "monumento"). Poco piu' oltre ci fermiamo anche a dare un'occhiata al Buddha sdraiato, sicuramente meno affascinante di quelli visitati a Yangon e a Bago, ma che ha un suo perchè in quanto appaiato al suo omologo in piedi... Finalmente ripartiamo alla volta di Sagaing.

Sagaing e' una cittKhaungmadaw Payaadina ai piedi di una collina al di la del fiume che la divide da Mandalay. Nel paese, in pianura, il monumento piu' notevole e' una pagoda (Kaunghmudaw Paya) con uno stupa emisferico, meno "a campana" degli altri. Per questo si dice che ricordi una tetta, e c'e' una leggenda al riguardo che vi risparmio (curiosi, eh? peccato...smile). Il posto da visitare in Sagaing in realta' e' la collina, dove si trova un certo numero di templi che valgono la salita faticosa nel sole del primo pomeriggio (non so perche', ma in questa vacanza quando c'era da faticare era sempre nel pieno del sole dell'una del giorno). Notevole secondo me soprattutto il tempio semicircolare con 45 statue di Buddha (ma no!) di Umin Thounzah.

Ancora un episodio che mi rimarra' di questa giornata: ricorderete che ieri avevo ucciso la mia piccola Nikon Coolpix P7000 gettandola inavvertitamete sul greto sabbioso e umido di un fiume durante il guado dello stesso. A Mandalay, come promesso da Aung, siamo andati a cercare un riparatore Nikon. Il nostro scrupoloso driver si e' informato alla reception dell'albergo e poi e' partito in quarta con a bordo noi e il cadavere della macchina fotografica. Abbiamo sorpassato un paio di megastore dell'elettronica, dove pensavo si sarebbe fermato. Invece e' andato a ficcarsi in un vicolo stretto, sterrato e circondato da bettole e piccole botteghe, popolato da venditori di betel, banane, teste di pollo e cianfrusaglie.

Uno degli antri che si aprivano sul vicolo aveva una insegna scarsamente leggibile che lo proponeva come luogo deputato alla riparazione di fotocamere Nikon. Il ragazzo all'interno aveva l'aria meno raccomandabile di quella dei protagonisti di "Gomorra": il sorriso sanguinolento dei masticatori di betel, l'aspetto trasandato nella canottiera lisa, bisunta e bucherellata; ma non so perche' mi ha subito ispirato fiducia. Ha guardato il morticino con aria quasi disperata, scuotendo la testa e dicendo "vediamo cosa si puo' fare". Intorno, corpi squartati di reflex della serie D, piccoli cadaverini di compatte Coolpix, lenti e ghiere, una specie di microscopio, cacciaviti di dimensioni lillipuziane, altri attrezzi meno identificabili, in quello che avrebbe potuto essere l'atelier di un calzolaio o di un arroU Min Thonzetino di altri tempi.

Il problema principale, che rendeva la situazione praticamente disperata, era che noi saremmo rimasti a Mandalay solo due giorni, e proprio quei due giorni erano festivi (il giorno della luna piena di Novembre, con la sua grande festa delle diecimila candele), e quindi la bottega sarebbe rimasta chiusa. Sputando fuori, nel vicolo, uno schizzo rossastro, il ragazzo ha detto di lasciare comunque la macchina, che gli avrebbe dato un'occhiata e ci avrebbe fatto sapere. Io avrei accettato qualunque condizione pur di avere la speranza di una resurrezione improbabile, e quando ho sentito la valutazione di circa 15 euro per la riparazione, con promessa di una telefonata se ne fossero serviti di piu', gliene avrei dati trenta sull'unghia e senza contropartita.

Ho lasciato la mia piccolina nelle sue mani, fiducioso, e ho fatto bene. Il ragazzo ha lavorato durante la festa, mi ha ripulito l'obbiettivo e mi ha restituito la macchina il giorno dopo. Alla fine ha chiesto 20 Euro (c'era la maggiorazione per la lavorazione festiva wink...)

Il Diario di Maddalena: 29 ottobre, 8 ° giorno

Lasciamo Monywa fermandoci subito per visitare la Thanbodday (o Sambuddhe) Paya, un tempio che e' il trionfo del kitsch: sembra di essere a un carnevale, con un'esplosione di colori e decine di statue di Buddha su obelischi decorati da motivi floreali. Tra dentro e fuori le statue sono 5.280.000!!!

A seguire, lo spettacolare Bodhi Tataung, il Buddha piu' alto del mondo (129 metri, di cemento). Di grande effetto sia da lontano che da vicino. Ai suoi piedi non poteva mancare un altro gigante (95 m.) Buddha, stavolta disteso. E li' vicino un giardino con decine (NdR: In realta' un migliaio. Bodhi Tataung vuol dire mille Buddha) tutti uguali, seduti e con un ombrellino in mano.

Nel Buddha in piedi si entra e si sale per 16 piani, arrivando a circa meta' della statua: oltre a decine di Buddha di vari materiali (ma sempre molto simili, ai nostri occhi) sui muri ci sono pittture raffiguranti scene da inferno di Dante, ingenue e terrificanti insieme!

Lasciamo definitivamente Monywa per raggiungere Sagaing, un insieme di collinette costellate di Stupa bianchi con le punte dorate: sembrano i trulli di Alberobello, e la visione di insieme e' molto particolare e ricca di fascino. Visitiamo nell'ordine: la Kaunghmudaw Paya, detta "il mammellone", poi Umin Tounzah, un complesso in cima a una collina il cui culmine e' un edificio a mezzaluna con all'interno 45 statue del Buddha una di fianco all'altra. Infine Soon u Ponya Shin Paya, che oltre agli interni luccicanti e, al solito, ricchi di statue di Buddha, è circondata da una terrazza da cui si gode una splendida vista su tutti gli altri templi, mammellone compreso. Lungo la salita per Umin Tounzah abbiamo comprato dei braccialetti fatti coi semi di anguria...:-)

Arriviamo a Mandalay verso le 15:00 e sbrighiamo alcune commissioni tipo Banca per cambio da dollari a Kyat, poi Aung ci porta in un negozio (più che altro un buco!) di riparazioni di macchine fotografiche dove lasciamo la nostra piccola Nikon e speriamo in bene. Quindi prendiamo possesso della camera in albergo, sistemiamo i nostri bagagli e via in piscina! Piccola ma immersa tra le palme e con l'acqua piacevolmente tiepida, ci regala le giuste coccole quotidiane... Poi consueto (ma neanche tanto: ci lanciamo con un Margarita per Gu e per me un Mai Tai ottimo!) aperitivo e cena al Green Elephant, lontanissimo e piuttosto caro ristorante: andata in bici-taxi e ritorno in taxi vero. Entrambi i tragitti ci sono costati un po' meno di 4 euro, ma al bicitassista abbiamo dato la mancia, ha fatto una fatica micidiale!

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