Pensierino di Agosto 2024
Alan Lomax... chi era costui?
Come quasi tutti sànno, Alan Lomax era un musicista scrauso diventato musicologo insigne. Strimpellava la chitarra senza eccellere, nell'America a cavallo tra le due guerre mondiali. Figlio di un musicologo, la sua vita sarebbe stata segnata dalla musica non come esecutore ma come studioso e raccoglitore di esperienze, ricordi... memorie senza di lui destinate all'oblìo. Lomax aveva una passione sfrenata per la musica popolare, e per i diversi modi di intendere la musica, il ballo, il canto nelle loro espressioni più genuine e ruspanti, lontano dalle case discografiche, dalle discoteche e dai jazz-club.
Dopo la fine della seconda guerra mondiale si verificarono due occasioni favorevoli alla sua opera di grande raccoglitore-archiviatore della tradizione musicale popolare: i mezzi tecnici erano adeguati (magnetofono, macchina fotografica, cinepresa erano oggetti ormai di qualità discreta) ma soprattutto la sua nazionalità americana gli spalancava le porte di gran parte del mondo, dove poteva vagare con le sue attrezzature e registrare e fotografare e filmare le espressioni popolari più antiche e bizzarre della musica e del canto.
Dove voglio arrivare e perché parlo di Lomax? Perché l'Italia ha un ruolo importante nella sua opera, e la Liguria era uno dei suoi amori. Tra il 1954 e il 1960 fu diverse volte in Italia, registrando voci e suoni che, grazie a lui, hanno fatto la storia della musica. Lomax girò l'Italia accuratamente, effettuando registrazioni di canti popolari in quasi tutte le regioni, dalla Sicilia al Piemonte. Non vorrei essere frainteso: scordatevi la canzone napoletana o i melodici stile Nilla Pizzi, lui andava a sentire i cori dei contadini, quasi tutte le sue registrazioni sono di voci "a cappella", o al limite accompagnate da rudimentale strumentazione popolare. Toccò anche la Sardegna, registrando ad Orgosolo un brano di "canto a tenores", un genere che ha vissuto più recentemente vasta risonanza internazionale per l'interesse di giganti della musica come Frank Zappa e Peter Gabriel, che ne sponsorizzò produzioni per la sua etichetta di musica entica "Real World records".
Devo ammettere che non si riesce a reggere a lungo l'ascolto di questi "suoni" (oggi definirli musica sarebbe difficile), ma ritengo la sua opera estremamente meritoria, e ogni tanto mi capita di riascoltare qualche pezzo di sue registrazioni che anni fa mi scaricai da uno dei mille siti pirati che inopinatamente ospitavano nelle loro pieghe più occulte, insieme alla musica rap, rock, dub e pop anche queste vetuste testimonianze di un passato ormai quasi remoto.
Torniamo alla Liguria ed alla ragione per cui sto scrivendo ste due puttanate. Come ho detto, Alan (che era accompagnato in Italia dall'emerito etnomusicologo Diego Carpitella) era innamorato della Liguria, ed ha effettuato una serie di approfondimenti in questa regione, a Genova, con i cori dei "trallalleri", ma soprattutto nel ponente ligure, dove è antichissima la tradizione del canto polifonico a cappella. Alan Lomax e Diego Carpitella furono a Bajardo e Ceriana nell'ottobre 1954. Io avevo quattro mesi, e vivevo non lontano da lì, in Val D'Olivi a Sanremo, ma non ci siamo conosciuti .
I due musicologi fecero registrazioni audio e fotografie bellissime. Le registrazioni audio sono raccolte in due CD, il primo si chiama "Baiardo e Imperia", il secondo "Polyphony of Ceriana". Ascoltare queste registrazioni e vedere le fotografie è fare un tuffo in un passato che più prossimo e più remoto di così è difficile immaginare. Dal retro della copertina di uno dei CD, riporto le parole di Lomax: "E' stato un momento magico. Nessuno di noi sospettava che quel mondo - fatto di musica, canzoni, povertà, gioia, disperazione, usi popolari, violenza, amore, dialetto e poesia, costruito nei millenni - sarebbe stato spazzato via in un paio d'anni, dal Voodoo del "progresso".
Non sono un nostalgico, non rimpiango il passato, ma sono grato a chi ha avuto la passione di cercare di fermarne il ricordo. Lo studio e la comprensione della storia, per quanto a me materia ostica e quasi nemica per la scarsa attitudine a ricordare eventi e date è importante, lo riconosco anche se non sono un appassionato dell'argomento.
In calce a questo inutile pensierino, e con riferimento al disco di Bajardo, in cui è registrata una canzone popolare piuttosto famosa in tutta la Liguria, mi è capitato di pensare alla situazione, di immedesimarmi in questo americano studioso di musica etnica che approcciava un popolo sconosciuto come quello dell'entroterra ligure. Evidentemente aveva chiesto ai "cantori" dell'epoca di eseguire canzoni popolari. Allora i liguri di ponente, che sono come ben noto bastardissimi (nel senso buono del termine, naturalmente) credo abbiano pensato: "Guarda questo abelinato di un americano del belino (ripetizione voluta) che vuol registrare le nostre canzoni, adesso gli facciamo uno scherzetto, cantiamo una canzone che sicuramente non avrà coraggio di far girare nel mondo".
Così, hanno cantato gli stornelli più scurrili della tradizione, quelli con riferimenti non solo espliciti ma anche esagerati alla sfera sessuale. Secondo me l'hanno fatto apposta. Ma Alan Lomax, con aplomb più inglese che americano, non ha fatto altro che registrare la canzone, trascrivendo (o cercando di trascrivere, talvolta con evidenti errori) il testo dialettale, e cercando di tradurlo in inglese comprensibile ed aderente al testo originario.
E' spassoso sentir cantare "U preve da muntagna u l'ha grossu come 'n mü, u cianta in ta castagna, u cianta in ta castagna... U preve da muntagna u l'ha grossu cume 'n mü, u cianta in ta castagna e u ghe fa sciurtì da-u cü" e vedere la traduzione inglese che ligia alla lettera, recita: "The priest on the mountain has it as big as a mule, he sticks it in the chestnut (allusion to the female organ). The priest on the mountain has it as big as a mule, he sticks it in the chestnut and it comes out of the ass".
Insomma sti mattacchioni di baiardesi secondo me hanno fatto uno scherzo a Lomax, che però ha fedelmente registrato per i posteri gli stornelli scurrili di "Olidin olidera", rendendoli immortali nel ricordo di generazioni di giovani goliardi liguri anche aiutati dalla storica versione dei "Trilli", piuttosto fedele all'originale lomaxiano...
Comunque la musica è una cosa seria, i dischi di Lomax sono piccoli tesori, e devo dire che sono stato stupito nel vedere che la tradizione della polifonia a cappella in quel di Ceriana sia ancora viva. Due anni fa abbiamo assistito alle celebrazioni del Venerdì di Pasqua a Ceriana, una manifestazione commovente che mantiene viva la tradizione del canto polifonico affidato alle quattro "confraternite" della cittadina, che fanno capo a quattro chiese di Ceriana. Ho cercato, con risultato deludente, di racchiudere in un fimatino un po' delle emozioni di quel giorno. Ceriana è un posto bellissimo, e se vi capita di essere da quelle parti nella settimana di Pasqua, questo è un evento da non perdere. Chi volesse vedere il filmatino può trovarlo qui.
FG
P.S. se qualcuno dei miei amici è interessato, ho i due CD di cui sopra, insieme ad altri della collezione di Lomax. Basta chiedere...
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Il 29 Settembre 2024 alle 21:17:22 FG Ha commentato:
@Gabriella, grazie del commento, che vedo solo adesso
(non ne ricevo di frequente)...
Purtroppo non so se Lomax fece registrazioni in Romagna, sarebbe sicuramente interessante da esplorare. Bisognerebbe andare a sfrucugliare allo Smithsonian Institute, cui ha lasciato quasi tutte la sue registrazioni...
Comunque, "Come l'aratro in mezzo alla maggese" è bellissimo!
Ciao!
Il 09 Agosto 2024 alle 14:15:39 Gabriella M. Ha commentato:
Nel campo mezzo grigio e mezzo nero
resta un aratro senza buoi che pare
dimenticato, tra il vapor leggiero.
E cadenzato dalla gora viene
lo sciabordare delle lavandare
con tonfi spessi e lunghe cantilene:
il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese!
quando partisti, come son rimasta!
come l’aratro in mezzo alla maggese.
Giovanni Pascoli, da Myricae, in Poesie, Sansoni
Chissà se negli anni in cui il signor Lomax venne in Italia, le lavandaie della campagna tosco-emiliana cantavano ancora le loro cantilene...