Tutti i pensierini.

Pensierino di marzo 2025

Alla periferia dell'Impero.

Benissimo (si fa per dire): adesso col cialtrone al potere negli USA tutto sembra chiarirsi in maniera molto rapida, e la storia di questo secolo sembra avviarsi verso un riassetto mondiale dovuto fondamentalmente al sorgere di un nuovo impero, che fino a 50 anni fa non esisteva. Faccio una premessa necessaria per capire quello che sto per dire.

Un allievo del famigerato Lucio Caracciolo, fin troppo noto geopolitologo italiano, un paio d’anni fa si ribellò allo strapotere del suo mentore e, complice una grande fiducia in se stesso e nelle proprie idee al proposito delle sorti mondiali, si staccò dalla costola adami(ti)ca di “Limes” (La rivista fondata e diretta dal Caracciolo di cui sopra) per  fondare, in joint venture con Enrico Mentana che ci ha messo soldi e notorietà, una nuova scuola di geopolitica, chiamata “Domino”. L’allievo si chiama Dario Fabbri.

Il divorzio tra Caracciolo e Fabbri è avvenuto per una questione nota anche alla saggezza spicciola e popolare:  due galli nel pollaio non possono convivere, e sicuramente il nostro Dario di gallismo nel sangue ne ha una discreta quantità. Le sue idee e teorie sono state esaurientemente esplicitate nel suo manifesto ideologico, “Geopolitica Umana”, un tomo di digestione pesante più per la radicalità delle idee espresse che per il linguaggio usato, che pure è piuttosto ostico e volutamente magniloquente ed involuto.

Se vi ho fatto passare la voglia di leggere il libro mi spiace, non era questa la mia intenzione. Anzi, credo che la sua lettura sia molto interessante ed istruttiva per apprendere un punto di vista insolito e stimolante, anche se sulla totale correttezza delle sue teorie non mi giocherei più di una decina di euri 😊

L’analisi fabbriana della situazione attuale è spietata, e con particolare riferimento all’America lui aveva puntualmente predetto il disastro avvenuto. Secondo lui c’erano tutte le premesse per l’elezione di Trump e la storia non poteva andare altrimenti. Chi si illudeva che la Kamala potesse vincere si illudeva male, e se anche per puro caso e per una strana botta di culo avesse vinto le elezioni la Harris questo non sarebbe stato che un piccolo ritardo nel corso della storia che si sarebbe comunque verificato (secondo Fabbri).

La sua teoria è apparentemente semplice: La storia dell’umanità è (da sempre, ed è destinata a rimanerlo per il prossimo futuro) una storia di lotta tra imperi. Non importa quanto grandi, anche se un impero piccolo non è previsto: l’importante è che il sentimento degli abitanti dell’impero sia “imperiale” e cioè convinto di essere in grado e in diritto di sovrastare gli “imperi” circostanti e nemici.

Tralasciando per brevità le ragioni storiche più antiche ed i millanta esempi che l’autore fa a sostegno della sua tesi, la lettura della storia del mondo secondo questa teoria, da 100 anni fa ad oggi, è piuttosto semplice: La seconda guerra mondiale ha “costruito” un mondo in cui due imperi più grandi e potenti degli altri hanno fatto comunella e, guardandosi in cagnesco dai due lati di un oceano, hanno deciso che non conveniva a nessuno dei due cercare di ammazzare l'altro, e sopito la tendenza a diventare padroni del mondo. In realtà uno dei due (quello americano) un pensierino a diventare egemone a livello planetario l’ha sempre fatto, ma questo credo sia naturale. L’orso russo sembrava invece più quieto rendendosi conto della propria relativa debolezza e, dopo la spartizione delle terre europee, e dopo la sconfitta nella corsa alle esplorazioni spaziali, ha cercato di difendere coi denti i pezzettini che pian piano sono sfuggiti alla sua morsa (Ungheria, Polonia, Germania est, repubbliche baltiche e Ucraina).

In questo quadro, l’Europa non è mai stata (e mai sarà) un impero. E’ costituita da stati nazionali che, ognun per sé, rivendicano un passato imperiale (romano, britannico, austroungarico, tedesco, borbonico, olandese con i suoi territori oltremare). Parliamoci chiaramente: nessuno di noi “si sente” europeo. L’Europa come concetto unitario non va al di là di una identificazione geografica, senza essere una Europa dei popoli, che anzi si guardano in cagnesco, ma più spesso con reciproca derisione e scherno.

L’Europa, dopo la seconda guerra mondiale, non è altro che un’appendice oltremare dell’impero americano, come l’Indonesia lo era di quello olandese o l’Australia di quello britannico. Una colonia, che ha contribuito con la sua economia al benessere americano in cambio di una funzione di cuscinetto a diretto contatto con il principale “nemico”:  la Russia. Funzione ampiamente ripagata dall’impegno militare che abbiamo sempre conosciuto e sempre sottovalutato, e che ci ha garantito (fortunati quelli della mia generazione che ne hanno goduto) un periodo di pace e di prosperità, che purtroppo non abbiamo mai apprezzato nella maniera corretta, e della cui fragilità ci accorgiamo solo adesso.

Dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi sono successe un sacco di cose, che ci sembravano normali, a noi europei, che godevamo tranquilli nel nostro imbelle torpore in cui consideravamo le guerre come roba d’altri. Tanto i nostri ragazzi non dovevano preoccuparsi di imbracciare un fucile, e potevamo crogiolarci in una narrazione quotidiana fatta di no-armi, no-nukes, no-guerra, no-imperialismo che ha intriso la testa di un paio di generazioni; abbiamo coltivato così il mito di un’umanità buona, pacifica, opulenta. Sì, c’erano da qualche parte del mondo i cattivi (ad esempio l’ISIS e Al-Qaida) ma tanto le generose truppe americane se ne facevano carico con l’invio di truppe ed armi, e noi potevamo continuare a disquisire di biodinamica, buddhismo e omeopatia.

Ma la saggezza popolare sa che prima o poi i nodi vengono al pettine, e adesso siamo arrivati ai nodi. Sai che c’è? Gli americani da un lato (quelli che stanno in basso)  sembra si stiano rompendo il cazzo di essere un impero, e preferiscono pensare ad un futuro in cui i loro figli non vanno in giro per il mondo a difendere la “democrazia” altrui, senza parlare della invasione degli immigrati che arrivano dal Messico con la droga e a rubargli il lavoro (due temi sempre molto di moda nella narrazione populista). Dall’altro lato (quelli che stanno in alto) si rendono conto che gli equilibri del mondo stanno cambiando e se la Russia in fondo in fondo non fa più tanta paura, c’è una potenza economica, tecnologica e territoriale che si presenta come nuovo impero: La Cina.

Prendendo per buona la lettura teorica di Fabbri, quello cui stiamo assistendo è abbastanza semplice: chi fa paura all’Impero Americano non è più l’orso russo, su cui l’aquila americana sembra prevalere per potenza economica, tecnologica e anche di appeal valoriale globale. Il vero possibile concorrente è la Cina, che subdolamente avanza, con cui l’America ha un debito commerciale spaventoso, e che tecnologicamente non ha nulla da invidiare al gigante d'oltreoceano, come anche le recenti vicende di Deepseek hanno dimostrato.

In questa situazione, l’Europa non esiste come entità unica, ma solo come luogo di piccoli litigiosi vicini di casa incapaci di trovare un accordo se non sulla dimensione delle vongole pescabili. In quanto tale, agli USA dell’Europa non gliene può fregà de meno, sono sudditi e l’importante è che restino divisi. Di più, se Trump può usare l’Europa come merce di scambio per portare dalla propria parte la Russia nello schieramento anti-cinese non si farà certo sfuggire questa occasione, visto che quello è attualmente il vero “nemico” sul piano tecnologico, economico e geopolitico (vedi controllo dello stretto di Malacca e del Mar Cinese Meridionale per i traffici economici internazionali ed infiltrazione in Africa, ultimo continente conquistabile dopo l’abbandono delle colonie Europee).

La lettura dei fatti, che credo sia realistica e razionale, è evidentemente scoraggiante e deprimente soprattutto per noi europei, tutti quanti. Penso che sia meglio alzare le braccia e arrendersi alla situazione,  perché non ci sono alternative? No, l’arrendevolezza non è nel mio carattere e non è mai utile. Sicuramente però ci vorrebbe uno sforzo immane, una volontà forte da parte dei paesi membri, un piglio più decisionista da parte dei decisori, una regolamentazione più coerente, coercitiva e snella nelle strutture comunitarie. Dovremmo metterci nell’idea di diventare veramente un solo stato, da domani, se vogliamo contare qualcosa.

E qualcosa possiamo ancora contare. In fondo non credo che la Russia, dopo il sangue e i soldi versati per conquistare qualche centinaio di Kmq in Dombass si sogni di invadere la Germania. Perlomeno non domattina. Abbiamo tempo e modo di reagire, ma dobbiamo farlo in fretta. Altro che sardine, qui ci sarebbe bisogno veramente di una grande mobilitazione e non solo in Italia, per sostenere la creazione di un’Europa forte, paladina sul pianeta di quei principi e valori che ancora ci contraddistinguono e nel nome dei quali tanti popoli oppressi nel mondo si ribellano. Guardiamo a tutti quelli per cui costituiamo ancora un modello positivo, le donne di Teheran che guidano senza velo in faccia rischiando l’arresto, i poveri africani che fuggono dalla siccità e dalla corruzione alla ricerca di una vita migliore, tutti i turisti che vengono qui ad ammirare le origini e gli antichi fasti delle terre in cui è nata la civiltà che tutte le persone istruite del mondo ammirano.

Già ai tempi in cui Varoufakīs (chissà chi se lo ricorda) provocatoriamente provò a fondare un movimento europeo transnazionale pensavo che quella fosse l’unica via. Fino a quando penseremo che i belgi sono stupidi, i francesi sono snob, i tedeschi sono stronzi e gli inglesi non sono europei non andremo da nessuna parte, e questo Trump (o per lo meno la sua intelligence, Trump non credo sappia neanche cos’è l’Europa) lo sa bene.

Non sono ottimista sul futuro del nostro continente, perché tendo razionalmente a leggere i dati e a fare previsioni in modalità probabilistica. Se mi si chiedesse quale sia la probabilità che domani gli europei rinsaviscano e capiscano che è il momento di mettersi insieme, senza pensare ai cosidetti “interessi nazionali” ma ad un interesse comune eviterei di rispondere. Ma, come si sa, la speranza è l’ultima a morire, perciò mi costringo a sperare.

FG


Commenti ricevuti:

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Il 04 Marzo 2025 alle 19:18:11 Salvatore Ha commentato:
Ho sempre pensato che "l'unione faccia la forza" e che l'Unione Europea possa avere la forza di ridurre il conflitto armato almeno tra le Nazioni europee. Sono dell'idea che la paura dell'attacco russo ad altri paesi europei sia un po' sovrastimata, ma gli imperi vogliono "imperare" e, quidi, o rimaniamo vassalli dell'America o rischiamo di diventare vassalli della Russia (escludo la Cina o nazioni arabe senza vere specifiche ragioni a supporto). La mia preferenza va per essere vassalli dell'America per molti motivi, non ultimo perché mi ci sono trovato bene fino ad ora. So bene che il cappone accoglie con piacere il contadino che fino al giorno del ringraziamento gli portava il cibo, ma quel giorno è arrivato per mangiarselo, ma tant'è.
Penso però che possiamo essere meno succubi degli appetiti degli imperi se siamo più forti di oggi, e il modo migliore è l'"Unione" che nel caso è "Europea".
Confermo questa visione anche se so bene che, fatta l'Unione (come Stato e quindi come entità che può avere potere legislativo, giudiziario, di prelievo e distribuzione di tributi e finanziamenti ad hoc, ecc. Ma anche un soggetto con un suo esercito.) fatta l'Unione, dicevo, il bello sarà vedere se i Governi europei vorranno mantenere ed attuare valori che si dice ci uniscano oggi e che, per me, sono contenuti nella nostra attuale Costituzione. In estrema sintesi brutale: meglio un governo di destra ma compiutamente europeo che tanti piccoli governi nazionali tendenti a destra.

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Il 05 Marzo 2025 alle 8:03:06 FG Ha commentato:
Grande capo Sassa-il-saggio ha parlato! Augh!
Concordo su ogni parola, compresa l'ultima considerazione, per quanto triste possa essere per noi che di destra non siamo mai stati